venerdì 18 settembre 2009

Guy Patton e Robin Mackness "L’enigma dei templari, il mistero di Rennes-le-Château e il potere delle società segrete" (Newton Compton).

La storia come noi la conosciamo, quella che si studia sui libri di scuola, non rivela che solo una parte infinitesimale della verità o delle verità che si annidano nei coni d’ombra di vicende a volte poco chiare a volte misteriose, e che il più delle volte si rivelano sconcertanti. Prendiamo ad esempio la storia di Otto Rahn, che negli anni Trenta ripropose il mito del Graal, per lui una vera e propria ossessione. E non solo per lui ... Lo fu anche per la “Forschungsgemeinschaft Deutsches Ahnenerbe”, meglio conosciuta semplicemente come Ahnenerbe, la società fondata da Heinrich Himmler, Hermann Wirth, e Walter Darré che aveva lo scopo specifico di compiere ricerche nel campo della storia antica, studiando i fatti da un punto di vista scientifico, in maniera oggettiva e senza falsificazioni; il più delle volte ricorrendo anche a fonti legate in maniera assoluta alle antiche discipline magiche ed esoteriche. Alcuni dei suoi principali obiettivi erano la ricerca per l’appunto del Graal e della Lancia di Longino per il dominio della razza ariana sul mondo. Altro mistero che riposa sotto le ceneri di segreti ancora tutti da svelare è quello di Rennes-le-Château e la storia di Berenger Saunier, un povero curato di campagna che aveva insolite frequentazioni con alti esponenti del clero e della cultura francesi di fine ottocento, conoscitore di tradizioni massoniche ed esoteriche, possessore di un patrimonio economico stratosferico, che divenne detentore di un messaggio occulto legato al ritrovamento di una serie di pergamene all’interno di una trave della chiesa di quel luogo dove svolgeva le sue funzioni religiose e che ristrutturò senza badare a spese in pompa magna, il cui contenuto riguardava Templari, la discendenza di Gesù Cristo, il Graal,i Rosacroce, e ancora storie che vedevano direttamente coinvolte le dinastie dei Catari, Visigoti, e Merovingi e il tesoro del Tempio di Salomone. E ancora “I protocolli degli anziani di Sion” sono realmente un falso, o in qualche modo è stato diffuso intenzionalmente un documento poco attendibile e credibile, per far invece circolare un documento programmatico puntuale e rigoroso a livello sotterraneo, utile a tutte le società segrete, massoniche ed esoteriche per dirigere a proprio piacimento le sorti del mondo? Questo e molto di più lo si può trovare nello sconvolgente lavoro di Guy Patton e Robin Mackness dal titolo "L’enigma dei templari, il mistero di Rennes-le-Château e il potere delle società segrete" per i tipi di Newton Compton, i quali legano vicende apparentemente lontane nel tempo e nei contenuti come il sacco di Gerusalemme compiuto dai Romani nel 70 d.C., l’improvvisa ricchezza di un prete a Rennes-le-Château nell’Ottocento, le SS di Hitler, l’arresto di un uomo d’affari inglese negli anni Ottanta vicino Lione e il corpo di un banchiere italiano impiccato sotto il Blackfriars Bridge, forse (lo dicono alcune leggende metropolitane) in qualche modo legato ai livelli oscuri dell’Opus Dei. Secondo i due studiosi la leggenda vuole che il favoloso tesoro degli Ebrei (quello del tempio di Salomone)fosse portato nel Sud della Francia, dopo il sacco di Roma compiuto dai Visigoti. Gli autori ipotizzano che le “società segrete” del Medioevo e del Rinascimento, Templari e affini, siano state create per proteggere – o forse per acquisire – questa ricchezza nascosta. E dimostrano come nel corso dei secoli tale tesoro abbia continuato a essere uno strumento indispensabile per chi desiderava raggiungere il potere. Un esempio? Robin Mackness, uno degli autori, viene accusato di trasportare illegalmente oro in Svizzera, perché sospettato di un complotto finanziario di rilievo internazionale. Cosa ancora più sorprendente, rivela la campagna di “insabbiamento” organizzata da coloro che si considerano gli attuali “custodi” del tesoro: il misterioso Priorato di Sion che si trova al centro del classico Il Santo Graal. Dall’analisi di Patton e Mackness si evince, come forze associate a questo antico tesoro possano aver manipolato eventi come la fondazione dello Stato d’Israele o l’elezione di François Mitterrand. Un libro rigoroso per le innumerevoli fonti bibliografiche che costituiscono la fitta trama di riferimenti tutti puntualmente citati, che vale la pena di leggere con attenzione e riflettere su chi o cosa oggi possa considerarsi il "re del mondo".

di Stefano Donno

giovedì 20 agosto 2009

I Templari custodirono la sacra sindone
















Roma - I Templari, l'ordine religioso-militare piu' potente del Medioevo, probabilmente per un certo periodo custodirono la Sindone oggi conservata a Torino. Dopo l'importante libro di Barbara Frale, 'I Templari e la Sindone di Cristo' (Il Mulino), il nuovo numero della rivista 'Storia in Rete' (luglio-agosto) diretta da Fabio Andriola si occupa di come e' arrivata la Sindone in Europa e soprattutto del ruolo giocato dai Cavalieri del Tempio in questa vicenda. Lo fa tenendo conto del legame fra il 'Demone Barbuto' chiamato Baphometto, l'effigie che in segreto i templari avrebbero venerato, e il Sacro Lino che pochi anni dopo il loro rogo comparve a Lirey. Un articolo a firma di Massimo Centini, 'I Templari distrutti per la Sindone', dalle pagine della rivista spiega infatti che i Templari forse veneravano in segreto il Mandylion di Edessa, che dopo il 1300 sara' chiamato 'Sindone'.
Nella primavera 2010 sara' nuovamente possibile vederla dal vivo. Ma per secoli il 'Sacro lino' non era accessibile che a pochissime persone. La Sindone, spiega 'Storia in Rete' e' storicamente 'monitorabile' a Lirey in Francia a partire dal 1353-'56: in quel breve periodo sappiamo che la reliquia era di proprieta' della famiglia francese de Charny; fu un membro di questa nobile famiglia, Margherita de Charny, che la cedette ai Savoia. Prima di allora abbiamo tutta una serie di tracce ed indizi che collocano la Sindone in varie localita' tra loro prive di apparenti legami. Un cavaliere crociato, Robert de Clary, presente alla presa di Costantinopoli, nel 1204, scrisse nelle sue memorie ('Prologues de Costantinoble') di aver visto la Sindone nella chiesa di Santa Maria di Blacherne. Dopo il sacco di Costantinopoli non si ebbe piu' alcuna notizia della Sindone in quella citta'.

E' stato ipotizzato che a portare la Sindone in Europa abbiano contribuito i Cavalieri Templari: infatti e' tesi abbastanza diffusa, anche se non confermabile, che insieme al gran maestro templare Jacques de Molay, nel 1314 a Parigi fu bruciato anche Goffredo di Charny (Charnay), governatore di Normandia. Forse un antenato della famiglia di Lirey che possedeva la Sindone. Altra famiglia con presunti esponenti Templari era quella dei de La Roche: si dice che uno di essi, Ottone de La Roche, avrebbe prelevato la Sindone a Costantinopoli per inviarla in Europa.

Vi e' chi sostiene un legame di parentela tra Goffredo di Charny templare, arso nel 1314 a Parigi, e la famiglia omonima che risultera' essere in possesso della Sindone a Lirey. L'aspetto piu' singolare della questione e' relativo al presunto idolo barbuto, che si diceva fosse adorato dai Templari con devozione feticistica. Quest'idolo era conosciuto come Baphometto', ma non abbiamo fonti certe sul suo aspetto effettivo. Da un punto di vista etimologico e' stato interpretato come una corruzione di Maometto, ma si tratta comunque di illazioni non supportate da un fondamento storico. Ebbene, si suggerisce la possibilita' che il mitico Baphometto in realta' fosse un'effigie di Cristo, probabilmente il Mandylion, ovvero la Sindone ripiegata.

fonte www.adnkronos.com

giovedì 6 agosto 2009

Archivio segreto vaticano. Un documento sui templari. Su suggerimento del confratello Adriano Zenobini




Per Top Secret rete4 Barbara Benedettelli entra nell'archivio segreto vaticano e intervista la storica Barbara Frale che mostra alle telecamere un documento inedito sui Templari. La pergamena di Chinon

fonte www.youtube.com

domenica 26 luglio 2009

Nei castelli dei Templari di Giuseppe Cafulli














Rovine di imponenti castelli arroccati a difesa delle vie di transito, fortezze arcigne che hanno mantenuto intatto nel tempo il loro fascino e non smettono di stupire per le ardite soluzioni architettoniche che ne fanno gioielli di ingegneria militare. Il paesaggio del Medio Oriente, ancora oggi, è costellato di fortezze e castelli crociati costruiti nelle varie campagne militari a protezione della costa e dell’interno del Regno Latino di Gerusalemme. Un sistema difensivo che si dispiegava senza soluzione di continuità dalla Cilicia alla Siria, dal Libano alla Palestina, fino a penetrare nel cuore del deserto della Transgiordania solcato dalle vie carovaniere, e raggiungere il Mar Rosso. Oltre a strutture fortificate, pronte ad accogliere i pellegrini in viaggio verso i luoghi santi, i castelli crociati erano anche centri amministrativi, incaricati di riscuotere le tasse e di esigere le gabelle di transito per le merci che si spostavano sulle rotte commerciali del tempo. Così se Chateaux Pelerin, costruito dai cavalieri templari su uno sperone di roccia ad Atlit, tradisce nel nome la sua principale vocazione, il castello di Banias, che sorge sulle pendici meridionali del Monte Ermon, proteggeva la via verso Damasco. Il castello di Chastellet, eretto sempre dai templari, si ergeva a difesa di un guado sul Giordano. Belvoir dominava la valle del Giordano a sud del lago di Tiberiade. Nell’attuale Siria, nelle verdi vallate che degradano verso il Mediterraneo, ancora oggi si possono ammirare il Krac des Chevaliers e Margat. In territorio transgiordano (nell’attuale Giordania), per controllare la strada di pellegrinaggio che scendeva fino alla Mecca e l’antica Strada dei Re (che partendo da Eliopoli, in Egitto, arrivava fino all’Eufrate), sorsero il Krac de Mohab (Kerak) e il Krak de Montréal, in seguito più noto come castello di Shawbak. Da alcuni anni proprio quest’ultima fortezza è oggetto di una campagna di scavo e di studi affidata all’équipe archeologica dell’Università di Firenze, guidata dal professor Guido Vannini. E proprio a Firenze, nella Limonaia del Giardino di Boboli, a Palazzo Pitti, si apre il 13 luglio una grande mostra: una rilettura senza pregiudizi e ideologie della presenza crociata in Medio Oriente, un’analisi storica e archeologica della Transgiordania medioevale come terra di confini, ma anche d’incontro tra Oriente ed Occidente. L’esposizione, visitabile fino all’11 ottobre prossimo, è promossa dal Polo museale e dall’Università di Firenze, ed è patrocinata dal Dipartimento delle antichità del governo giordano.La mostra di Firenze si propone di rileggere, attraverso l’esplorazione archeologica della magnifica fortezza di Shawbak, le vicende della frontiera crociato­musulmana di Terra Santa, ma anche di portare alla conoscenza del grande pubblico molti particolari inediti e curiosi della vita dei castelli crociati di Terra Santa. Oltre a numerosi e preziosi reperti (alcuni dei quali provenienti anche dalla vicina Petra), gli studiosi hanno portato alla luce resti faunistici che ci aiutano a capire lo stile di vita e perfino la dieta dei cavalieri di Montréal.

fonte www.avvenire.it

lunedì 1 giugno 2009

Luigi Manglaviti Dossier Templari e Graal (Rainkids)

Luigi Manglaviti
Dossier Templari e Graal (Rainkids)


Dalla Storia al Mito. E viceversa.

Le due vicende più celebri del Medioevo in uno studio a tutto tondo che sfata i luoghi comuni e le teorie della cospirazione.
A 7 secoli dallo scioglimento coatto dell'ordine monastico-militare e ad 8 dalla redazione dell'invenzione letteraria, entrambi non smettono di ammaliare le menti della civiltà occidentale: questo libro fa piazza pulita di tutte le frottole e vi racconta una volta per tutte come stanno realmente le cose
Saggio

Perché una vicenda per certi versi secondaria — appena 2 secoli, in pieno Medioevo — come quella dell'Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, cui i testi accademici a tutt'oggi assegnano poco più che qualche cenno svogliato, così incardinata nel momento storico delle Crociate e delle guerre sante, della nascita delle monarchie nazionali e della crisi del papato, non è caduta in un naturale oblio ma continua ad ossessionare molte menti del mondo occidentale, a tal punto dilatandosi nell’immaginario delle civiltà progredite da assumere una molteplicità di varianti, arricchimenti e rivisitazioni che la posizionano allo stesso livello dei grandi temi della mitologia classica — per tacere degli "apparentamenti" con le tematiche medievali per eccellenza quali l'Inquisizione, la Magia, l'Alchimia, il Gotico —?
Lo stesso quesito riguarda il Graal. Se ci si interroga su quale sia il mito che, in Occidente, è più diffuso nello spazio e più resistente nel tempo, pochi dubbi possono sorgere: è il ciclo "arturiano-graaliano". Non c'è nazione in Europa (ma si arriva perfino in Asia) priva di racconti, monumenti, reliquie, edifici e miti medievali (o ancor più antichi) in cui si affacci, in forme varie, questo ciclo di saghe. Se, dunque, un mito ha una diffusione tanto grande, esso deve avere al tempo stesso una profondità ed una possibilità di letture altrettanto notevole — il sommo Dante in proposito parla di polisemia, ossia di molteplicità di possibili interpretazioni, nessuna delle quali incompatibile con le altre, sebbene alla fine la migliore definizione sia forse quella fornita da Piergiorgio Odifreddi: «che cosa sia il Santo Graal si sa, è qualcosa di cui non si sa né cosa sia né se ci sia».
Con l'aiuto degli storici, dei filologi, dei teologi, dei semiologi e perfino degli archeologi — e resistendo alle infinite brume disseminate in materia da Esoterismo e Massoneria —, questo libro scava con testardaggine sia nella Storia che nella Leggenda. Per scoprire che i Templari passarono nei secoli dalla prima alla seconda, mentre il Graal, accompagnato da Re Artù, realizzava un'osmosi esattamente inversa.
Peraltro la ricerca ha prodotto piacevoli "rivelazioni collaterali" (per esempio, il mitico Grifone era il Protoceratopo del Miocene, gli antichi Greci veneravano ossa di mammouth scambiandole per Ciclopi e Giganti, la "spada nella roccia" era appannaggio di Attila ben prima di Re Artù) e scoperte in un certo senso beffarde (la fantasia è stata fin troppo protagonista nelle due vicende, con riflessi addirittura comici come nel caso del «sang real»), le quali rendono il viaggio appassionante e ricco di fascino anche per chi non ha mai prestato attenzione ai temi esoterici — e che dunque della relativa "verità" non sa che farsene.
Le conclusioni confermano che l'unica grande linea di continuità fra le società antiche e quelle moderne è il culto del "verosimile", assai più ricco, divertente e appagante rispetto alla politically correct — ma noiosa! — deferenza per la "verità".

venerdì 24 aprile 2009

I Templari adoravano la Sindone

CITTÀ DEL VATICANO — Ora lo sappiamo: i Templari, in effetti, adoravano un «idolo barbuto». Però non era Bafometto, come volevano gli inquisitori che li processarono per arrivare a sciogliere nel 1314 l'ordine più potente e illustre del medioevo cristiano, il «grande complotto innescato nel 1307 dal re di Francia Filippo IV il Bello». E non era neanche un idolo, in verità, per quanto senza dubbio fosse barbuto: l'oggetto della loro venerazione era la Sindone, il telo di lino che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù e ne reca impressa l'immagine. Furono i Cavalieri a custodire in gran segreto la Sindone nel secolo e mezzo in cui se ne perdono le tracce, dal saccheggio di Costantinopoli del 1204 alla ricomparsa in Europa a metà del Trecento. Si tratta di argomenti sui quali fioccano le bufale e il 99 per cento di ciò che si racconta, Umberto Eco docet, è «spazzatura».

Ma qui la fonte è più che affidabile: lo scrive l'Osservatore Romano, anticipando alcune pagine de «I templari e la sindone di Cristo», il nuovo libro di Barbara Frale che il Mulino pubblicherà entro l'estate. L'autrice è una giovane e serissima ricercatrice dell'Archivio segreto vaticano che da anni studia e scrive dei Templari. Attingendo ai documenti del processo, cita tra l'altro la testimonianza della «prova d'ingresso», nel 1287, di «un giovane di buona famiglia del meridione francese», Arnaut Sabbatier: «Il precettore condusse il giovane Arnaut in un luogo chiuso, accessibile ai soli frati del Tempio: qui gli mostrò un lungo telo di lino che portava impressa la figura di un uomo e gli impose di adorarlo baciandogli per tre volte i piedi».

Nel 1978 fu lo storico di Oxford Ian Wilson, ricorda la studiosa, il primo a sostenere la tesi che il misterioso «idolo» barbuto dei Templari fosse in realtà il telo rubato dalla cappella degli imperatori bizantini nel 1204, durante la quarta crociata, e che i Cavalieri l'avessero custodito in segreto. Ora Barbara Frale spiega di aver trovato «molti tasselli mancanti» a sostegno della teoria. Fonti inedite che spiegano anche le ragioni dell'adorazione e della segretezza. «I Templari si procurarono la sindone per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie», scrive. «I catari e gli altri eretici affermavano che Cristo non aveva vero corpo umano né vero sangue, che non aveva mai sofferto la Passione, non era mai morto, non era risorto». Che l'avessero trafugata i Templari o fosse stata comprata, doveva rimanere celata: sui responsabili del saccheggio pendeva la scomunica di Papa Innocenzo III. Ma era una reliquia potente e ne valeva la pena: «L'umanità di Cristo che i catari dicevano immaginaria, si poteva invece vedere, toccare, baciare. Questo è qualcosa che per l'uomo del medioevo non aveva prezzo».

Gian Guido Vecchi
05 aprile 2009

fonte http://www.corriere.it/cronache/09_aprile_05/templari_adoravano_sindone_f7e06916-2192-11de-b3cf-00144f02aabc.shtml

martedì 7 aprile 2009

I Templari di Arcadia in soccorso dei terremotati dell'Aquila



















Per ARCADIA, l’aasociazione culturale d’ispirazione templare nata a Lecce non più di un anno e mezzo fa, non servono raccomandazioni, ma volontà, lealtà e tanto di coraggio. I cavalieri Templari di Arcadia, proprio perché uniformatisi alle direttive del Templarismo Internazionale, non si occupano di tutelare solo ambiti di natura culturale della storia templare o i suoi monumenti, ma anche estendono la loro azione di tutela ai più bisognosi e a chi soffre anche in tragedie come quella di queste ore all’Aquila. Alcuni cavalieri di Arcadia, facenti anche parte della protezione civile, raggiungeranno l’Aquila per prestare con umiltà, fratellanza e carità (valori templari) e professionalità aiuto ai superstiti. Spiega Valentino Zanzarella, Gran Maestro di Arcadia:
“Il Nostro Obiettivo è risvegliare i valori della Cavalleria e della Tradizione dei Cavalieri Templari. Il Cavaliere Templare di oggi è un cavaliere nelle azioni, nella comunione d'intenti, nei sentimenti di fratellanza verso i propri fratelli e sorelle della Congregazione, è una persona di buona volontà di cui sono provate le doti morali e professionali”.

illustrazione di Gustavo Dorè